La storia di San Ponzo parte non dall’inizio, da quando è nato, ma da quando è giunto nel posto che oggi si chiama San Ponzo, precisamente come lui, che fece la prima comparsa in zona dove oggi ci sono le grotte dette appunto di San Ponzo.
Chi fosse costui precedentemente e della sua storia si racconterà altrove. Basti qui sapere che in realtà egli era un poco di buono, non esattamente un gran criminale, quanto un mariuolo, un tizio dedito al malaffare nonché un pasticcione, uno che progressivamente era risalito lungo tutta Italia combinando guai ovunque e a causa di questi venendo cacciato o dovendo scappare da tutti i posti dove cercava di fermarsi. Risali risali, tanto fu che giunse a scavallare dalla Val Curone verso la Valle Staffora seguendo un canalone e che origina laddove oggi praticamente si trova l’Osservatorio di Ca’ del Monte.
Mentre scendeva lungo il canalone, si mise a piovere. Il nostro ebbe la fortuna di individuare lungo la parete del valloncello una sorta di insenatura, di quelle che i fiumi e torrenti nel passato avevano creato soprattutto e con più facilità nella roccia arenaria, che infatti è tipica della zona. In questo incavo, sotto questo tetto naturale lui si riparava e, mentre aspettava che spiovesse, vide giungere da valle un gruppetto di donne che risalivano lentamente il sentiero nel bosco. Ora però va detto, per la piena comprensione di ciò che avvenne, che un attimo prima che lui vedesse queste persone gli era venuta una necessità fisiologica. Dovendo evacuare e non andandogli molto di di bagnarsi, si era portato al limitare della rientranza che gli aveva dato riparo.
Si era calato le braghe e, tenendosi accovacciato, aveva cominciato ad espletare, ma proprio in quel momento giunge questo gruppo di signore, come erano aduse a fare ogni giorno, perché nel paesino sottostante l’acqua giungeva scarsamente e non pulita, mentre era noto che proprio là, sotto il luogo dove il nostro si era fermato, sgorgava una sorgente di acqua pura e freschissima, la quale tutt’oggi zampilla, talché è rimasto l’uso di andarla a raccogliere, in quanto considerata un’acqua meravigliosa e benefica. Le donne dunque risalivano per andare a fare rifornimento, con i loro orci, fiasche e giare e risalendo videro l’uomo accovacciato, appena un po’ del busto le delle spalle, e ovviamente si spaventarono, non abituate a vedere qualcuno lì in zona.
Si bloccarono e lui a sua volta anche restò di sasso fissandole, non capendo se si trovava tanto per cambiare in una situazione di pericolo e se fosse il caso di scappare, cosa non facile vista la sua posizione con le braghe calate. Le donne cominciarono a chiederli, nel loro melodioso idioma locale “da dove el vegn, ‘n du vaa lü, chi lè´, come sel ciama, sal faa“. Il nostro prese a pensare a cosa dire, ché già faceva fatica a parlare un italiano normale, figuriamoci se capiva un dialetto lombardo-ligure, lui che proveniva da zone laziali. Non volendo dire che cosa stesse veramente facendo, per quel poco che aveva capito delle domande postegli, si limitò a rispondere dicendo il suo nome: Ponzo. Le donne rimasero un po’ interdette dalla risposta così breve, drastica e provarono ancora a chiedergli da dove venisse, dove andasse, chi fosse, come si chiamasse, cosa stesse facendo. Ma lui, che non capiva quasi nulla, continuò a rispondere dichiarando il suo nome: Ponzo.
Le donne non insistettero, raccolsero l’acqua e ridiscesero a valle, dove incontrarono i propri uomini e gli altri abitanti del villaggio. Raccontano di quello strano incontro che avevano avuto e alle domande di chi voleva saperne di più rispondevano “mah, non sappiamo, deve essere un uomo di scienza, perché se ne stava seduto, col mento appoggiato alla mano, come uno che che che sta pensando e in effetti continuava solo a dire ponzo ponzo: penso penso”.
Allora gli uomini, incuriositi, vollero vedere e tutti di nuovo risalirono fino alla sorgente. Ponzo, come li vide arrivare, ne fu vieppiù spaventato, anche perché questa volta non si trattava solo le donne, ma anche di tanti uomini. Ancora una volta si accovacciò, cercando però questa volta di nascondersi, ma ovviamente non era facile, visto che il suo busto, visto dal basso, si stagliava contro la parete della grotta. Di nuovo tutte le donne e gli uomini in particolare ripresero a domandare come facesse, come si chiama, da dove venisse e tutto il resto. Insistono, ripetono, ma lui non capisce niente e continua a rispondere Ponzo Ponzo Ponzo, sperando che di nuovo possa bastare a lasciarlo in pace.
Uomini e donne, rientrando in paese, si scambiavano opinioni su chi fosse costui. “Deve essere eremita – si dicevano -, deve essere un saggio, qualcuno che ha desiderato isolarsi e spendere il resto della propria vita dedicandola all’orazione e al pensiero, è un gran filosofo, forse un santo”! Allora delle donne decisero di recargli omaggio e così s’inerpicarono un’altra volta, per recargli del pane, del formaggio, una fiaschetta di vino e una ciotola di latte, la famoso ciotola di San Ponzo, conservata presso la confraternita dei Frati di Biagasco come una delle reliquie più care del santo. Le donne, reverenti, lasciarono lì cibo e bevande, mentre lui si era di nuovo accovacciato, convinto che questa era la volta che le prendeva. Invece le oneste donne gli lasciarono giù le vivande qualche metro sotto di lui e se ne andarono, rientrando definitivamente alle proprie case per passarvi la notte.
Ponzo, cauto come un gatto, andò a vedere e gioì di tutto quel cibo, potendo infine rifocillarsi, perché, con la sua ultima fuga, la camminata in montagna, la pioggia, la stanchezza e la notte che si appropinquava, i morsi della fame si erano fatti acuti. Così divorò tutto con gioiosa voracità. Essendo la notte ormai calata, si acquattò sotto il riparo della grotta e si mise a dormire.
Al risveglio la mattina seguente, la prima necessità fu proprio quella di evacuare di nuovo e con urgenza, anche perché il latte era stato appena munto, non era certo scremato né pastorizzato. Ancora una volta si precipitò ad accucciarsi per espletare. Vuole il caso che, proprio in quel momento, alcune donne vennero sia per prendere l’acqua sia per verificare se fosse ancora lì e fosse il caso di lasciargli dell’altro cibo, in omaggio alla sua sapienza e al tempo che dedicava a nutrirla, che non poteva certo essere sprecato alla ricerca di nutrimento per il corpo. Lui, appena le rivide e visto che era andata bene il giorno prima, senza aspettare le domande, cominciò subito a sparare una serie di Ponzo Ponzo Ponzo, con fare che sembrava anche un po’ autoritario, mentre era solo annoiato di non avere altri argomenti da condividere con le piacenti signore. Le quali si precipitarono in paese. “È proprio vero, è un grande filosofo, un santo che sembra abbia deciso di star qui, ma che non vuole essere disturbato: vuole pensare e pensare”.
Così avvenne cominciarono ad omaggiarlo regolarmente. A Ponzo non sembrava vero di poter mangiare a sazietà. Oltretutto cominciarono a portargli, oltre al cibo, anche pelli di montone, vesti e calzettoni di lana di pecora, calzari e vestiti di pelle di vacca. Insomma piano piano Ponzo si ritrovò praticamente in paradiso nella sua grotta e non gli parve vero di poter restare, accudito e riverito, mantenendo come base la grotta, che poi assunse il suo nome, come anche il paese: San Ponzo.
Passò così il resto dei suoi giorni a ricevere le devote donne, che erano sempre più adoranti e desideravano occuparsi di ogni sua necessità materiale, ché a quelle spirituali ci pensava lui. Così gli tenevano in ordine la grotta e lo lavavano, strofinavano, massaggiavano e gli toglievano i pidocchi. Insomma, siccome era anche uomo di ardenti necessità fisiologiche, nacque spontanea anche una tradizione, che si mantenne per tutta la durata della sua vita, dove le devozioni muliebri venivano rese inginocchiandosi di fronte a lui, che calava le braghe e forniva la propria benedizione, iniziando così una serie di pratiche di cui le devote assai si compiacevano e in modi che poi specificheranno meglio in altra parte.
Questa è la vera origine della venuta di San Ponzo a San Ponzo e questo è il motivo per cui tutti gli abitanti della zona si assomigliano un po’, perché, come si può desumere, tutte le donne della zona gli erano devote, molto devote, estremamente devote, devote fino in fondo.