Sculture estatiche

Or è noto che San Ponzo, fatto vescovo, fu entusiasta dell’abilità del bulinatore che gli fece il ritratto e lo portò seco in Val Staffora. Attenzione, pare che nel suo passaggio presso Genova, che evitò – Ponzo evitava le grandi città fin dai tempi del suo… ehm… brigantaggio – San Ponzo esibì le doti incisorie del bulinatore. I Liguri, impressionati dall’abilità dello scultore, chiesero con cosa eseguisse tali meraviglie. “Non capite il bulino, è bulinone”, rispose San Ponzo. Ma lo disse col tono stizzito di chi ritiene la cosa ovvia. Data la tendenza del linguaggio ligure ad invertire la u con la e e viceversa, da allora, per dare dello sciocco, in Liguria si usa dare del belinone, nonché su dice “Non capisci un belino”, intendendo un cazzo, questo probabilmente perché San Ponzo, sbottando in tal modo, appoggiò il palmo sulle vergogne, in realtà per darsi un’aggiustatina, che aveva le mutande strette. Orbene, giunto in Val Staffora, San Ponzo rese subito visita alle Malcelate, che non ne poteva più. Esse furono assai liete della sua presenza e, tutte assieme, gli resero omaggio e ne furono omaggiate. Il bulinatore venne incaricato di eseguire alcune rapide sculture rappresentanti i momenti più intensi del vivace incontro. Nacque allora l’uso di taluni di ritrarsi in momenti e pose, diciamo così intimi, dando così vita ad una tradizione che giunge dritta dritta fino all’attuale YouPorn. Il bulinatore era uso incidere il proprio nome sulle immagini meglio riuscite. Infatti i bulinatori romani erano in gran concorrenza tra loro e, per distinguersi presso i clienti, solevano firmare i propri prodotti, anche se con il solo nome: furono loro ad indurre in seguito gli artisti a fare altrettanto, perché stufi di mettere dietro le opere intere frasi, come la ben nota che trovasi sul retro de La Gioconda: “di Leonardo ce n’è uno, tutti gli altri sono nessuno”. Durante il movimentato convivio il bulinatore, il cui nome era Bernardello Bernardelli, malgrado la sua prodigiosa sveltezza, non faceva in tempo a firmare per intero, che già si presentava un’altra scena vivace. Così finì per apporre solo dei veloci “Bern”. Ponzo, per far invidia ai colleghi vescovi, era solito inviare loro alcune di queste statuette lignee, accompagnate da un biglietto con scritto “Saluti dalla Val Staffora e dalle sue bellezze”. Secoli dopo, uno scultore, tal Bernini, invitato da un cardinale, presso il quale da tempo lavorava, a rendere omaggio all’estasi di Santa Teresa d’Avila, rovistando in studio, trovò una di quelle statuelle, firmate Bern, e disse “Non ricordo quando ho eseguito ‘sto bozzetto, ma mica male, ne posso trar qualcosa di buono”. Si veda l’immagine sotto.

Gian Lorenzo Bernini – Estasi di Santa Teresa d’Avila